Phasellus dignissim hendrerit nisi, eu convallis eros. Fusce lobortis nunc sit amet orci gravida consectetur. Etiam facilisis sit amet mauris a euismod.

Non gli era mai piaciuto giocare a nascondino. Se ti capitava il turno della preda dovevi correre a perdifiato per trovare un posto adeguatamente sicuro prima che la conta finisse, ma dovevi anche essere attento a non nasconderti così bene da non essere più trovato, o cosi bene, che passando il tempo, ti domandavi se potevi uscire ormai al sicuro, o così bene che ad un certo punto ti stufavi e uscivi lo stesso con le gambe molli e il fiato corto con la paura di essere preso alle spalle.
Se ti capitava invece il turno del cacciatore dovevi essere così scaltro da contare ma non veramente, saltando magari qualche numero qua e là, così rubavi qualche secondo e riuscivi a beccare qualcuno che non aveva ancora trovato il rifugio giusto cosi, magari la ricerca finiva prima… insomma non gli era mai piaciuto giocare a nascondino…
Quel giorno aveva accettato di giocare, questi nuovi amici lo avevano convinto.

Era arrivato in montagna il giorno prima con la famiglia e questa novità del camper a noleggio. Nella vacanza individuava già tre fastidiose difficoltà: la montagna, non era certo il suo elemento naturale preferito e quello a lui più congeniale; il camper, aveva protestato con tutte le sue forze per opporsi a questa scelta, i suoi genitori erano stati irremovibili, si erano esaltati come due ventenni a Woodstock e avevano idealizzato questo mezzo a tal punto che non aveva avuto cuore di smontare i loro progetti; infine il noleggio, non solo la vergogna di fare le vacanze con il camper, un camion con le tendine che lo faceva sentire un terremotato, ma anche l’onta di dover ammettere che il mezzo non era nemmeno di loro proprietà. Insomma questa vacanza cominciava decisamente tutta in salita…
Alla mattina quindi, quando aprì lo sportello e si ritrovò attorno una manciata di ragazzini vocianti e scalpitanti, non gli era rimasto altro da fare che ostentare indifferenza ed unirsi a loro.
Dopo un primo scambio di convenevoli, da dove vieni, quanti anni hai, che scuola fai, come ti chiami [notando quasi con stupore che nessuno gli aveva chiesto se il camper fosse loro…], il punto cruciale era capire cosa fare. Dopo un primo giro per le vie del paese, ai più già noto perché turisti abituali, decisero di giocare a nascondino.
La tentazione era fortissima: ringraziare, declinare l’invito e ritornare al suo libro fantasy che lo attendeva nel camper. Il problema però era sempre il camper; mettersi come un pensionato sulla seggiola davanti al mezzo … non se ne parlava proprio… chiudersi dentro… ancora meno.
Quelle quattro lamiere già lo costringevano di notte, almeno durante il giorno, aria! Decide quindi di rimanere con il gruppo: e nascondino sia!
Si offre per fare il cacciatore argomentando la sua scelta: essendo nuovo del posto non avrebbe veramente idea di dove nascondersi.
Risalgono tutti la salita che dal parcheggio dei camper porta in paese e usano come “casa” la fontana di pietra dietro alla chiesa.
Il braccio ripiegato sugli occhi, appoggiato alla fontana inizia a contare, mentre sente i passi frettolosi e scalpitanti dei suoi compagni di gioco che cercano un nascondiglio.
Gli sembra di intuire le direzioni, di riconoscere i passi. Le uniche due femmine del gruppo hanno delle fibbie rumorose sugli scarponcini e risuonano ad ogni passo sul selciato, gli sembra che siano andate verso la chiesa dal passaggio stretto dietro di lui, un paio di ragazzi hanno scarpe da ginnastica veramente pesanti e i loro passi rimbombano e la corsa sembra lunga, sembra siano tornati verso il parcheggio, gli altri… nessun rumore particolare, sembrano volatilizzati…
Finisce la conta, è ora di partire alla ricerca, si ma dove?

Non ha idea di dove ci si possa nascondere, prima durante il giro per le vie non aveva osservato il paese in un’ottica da “fuggitivo”. Ripensa a cosa ha visto…un passaggio stretto fra due case e una scaletta all’ingiù, un portico davanti all’ingresso di un negozio abbastanza appartato ed in ombra da poter essere utilizzato, per i più sfrontati la chiesetta… non sa perché, però decide di andare dalla parte opposta. Percorre una lunga salita che costeggia il parcheggio e si ritrova stretto fra alcune case, una piccola cappella votiva che sembra ancora più piccola incastonata com’è fra le case cosi prossime in quelle vie antiche del paese.
Non ha ancora visto nessuno dei suoi nuovi amici, forse nessuno è venuto in questa direzione e lui sta solo perdendo tempo.
Qualcosa lo trattiene, indugia ancora fra quelle stradine strette, si gira intono fino a che si rende conto di cosa lo stia attirando li.
Accanto alle case seppur vecchie ma molto ben tenute, coi balconi di legno decorati e pieni di fiori colorati ericadenti, c’è una casa senza balconi, coi muri scrostati, con le finestre mezze chiuse, mezze aperte, le persiane se ancora presenti che penzolano da un solo gancio. La porta d’ingresso indica palesemente l’età della casa, troppo bassa per permettere ad un adulto del 2000 di passare senza picchiare la testa.
Non ci sono serrature, né chiavistelli, la porta è soltanto sbarrata da due assi di legno inchiodate.
Si allontana di un paio di passi per osservare meglio il lato della casa e si rende conto che il tetto non c’è più.
I muri si protendono verso il cielo quasi come due mani aperte rivolte verso il blu. Si accorge anche che quel lato è forse quello messo meglio, protetto dalle altre case. Prova allora a girare intorno alla casa, affascinato, incuriosito, magicamente attratto da lei.
Un lato è completamente inagibile, il muro è rovinatissimo, poche tracce di intonaco, quel che resta è la trama disegnata dai mattoni.
Ai piedi si ammucchiano i calcinacci ma lo spazio fra questa parete e il muro della casa vicina è troppo stretto per permettere di infilarsi anche attraverso il muro sventrato.

Decide allora di girare dall’altra parte.
Ripassa davanti alla cappelletta azzurra e il contrasto tra la pulizia, l’ordine e la precisione dell’allestimento sacro, stride pesantemente con il pezzo di giardino prospicente la facciata della casa.
All’inizio i suoi occhi sono rapiti dalla porticina che da sul giardino, è semiaperta e non fosse che in quelle vie passa veramente poca luce, si potrebbe guardare dentro e provare ad indovinarne i dettagli.
Brandelli di una tendina a quadrettini bianchi e verdi si muovono come scostati da una mano gentile, il vento che soffia fra i muri cadenti e le finestre rotte muove quel che resta di una vita passata.
Nel giardinetto si intravedono dei tentativi di aiuola, vecchie pietre che contornavano chissà che fiori o ortaggi.
La mente inizia a galoppare, i suoi compagni di nascondino sono ormai un ricordo lontano, in lui brucia solo un desiderio: riuscire ad entrare in quella casa.
Alza gli occhi sulla facciata e intravede nell’intonaco scrostato disegni di antichi fregi.
Solo un disegno è rimasto ben chiaro: il quadrante di un orologio.
Un cerchio perfetto, ormai sbiadito che occupa gran parte della facciata, all’interno due lancette sono disegnate e fisse per l’eternità sulle 10.25.
Attorno al quadrante parole in un italiano strano, alcune troppo sbiadite e scrostate per poter essere comprese, alcune troppo antiche per poter essere tradotte in termini più attuali. Solo una parola appare nitida, ben chiara anzi, quasi evidenziata.
Una macchia di umidità ne ha ridefinito i contorni, ne ha esaltato lo sfondo e ora risulta leggibilissima, quasi fosse appena stata scritta: MORTE
Sgrana gli occhi ormai ipnotizzato dalla casa, dall’orologio, dalla parola.

Il tempo attorno a lui è sospeso, sente come un’eco nelle orecchie, voci che chiamano il suo nome, passi veloci di corsa che risalgono la salita per raggiungerlo. Gli amici del nascondino preoccupati per la sua assenza hanno interrotto il gioco, si sono ritrovati alla fontana di pietra e sono partiti in massa alla sua ricerca.
Dopo aver vagato per le vie lo hanno intravisto, naso all’insù verso la Casa Stregata, così la chiamavano loro, e lui li…le braccia molli lungo i fianchi, lo sguardo assorto. Sono quasi tutti vicino a lui, lo possono quasi toccare, ma la sensazione di paura che hanno sempre avuto nei confronti della casa li fa arretrare di qualche passo.
In un lampo lui si rianima come se si fosse appena svegliato. La scena ha dell’irreale e sembra quasi si svolga al rallentatore.
I ragazzi si fermano, ormai l’hanno ritrovato, lui guarda l’orologio che ha al polso, regalo della Cresima ricevuto da “nonsonemmenochiè!.
In un attimo capisce cosa fare, scosta la rete metallica del giardino e salta dentro.
Gli altri balzano tutti in avanti come fossero una persona sola, non riescono nemmeno a parlare, paralizzati dallo stupore per il gesto appena compiuto, in tutti questi anni, nessuno di loro aveva mai provato, e forse nemmeno pensato di entrare in quella casa.
Lui però non c’è più, come inghiottito dalle erbacce che dal giardino arrampicandosi lungo la pare quasi lambiscono l’orologio.
Già…. L’orologio, tutti guardano il loro, chi sul cellulare, chi al proprio polso….

Sono le 10.25.

Annarita Micheli

Museum Hours

9:30–6:00, Monday Until 8:00

Museum Location

2270 S Real Camino Lake California

The Loquet Museum fuels a journey of discovery across time to enable
solutions for a brighter future rich in nature and culture.